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Appignano: Sapori di primavera, le tradizioni gastronomiche

uova sode 2' di lettura 29/04/2009 - La sardella era lo spuntino che nel giorno di Giovedì Santo i principali offrivano ai propri operai, e in quello di s. Omobono insieme al vino nuovo, che, come era tradizione si spillava dalle botti nella ricorrenza di s. Martino.

Altre usanze erano le merende della terza festa di Pasqua che a Macerata si consumavano fuori porta, a Collevario o nei dintorni della Chiesa alle Vergini, mentre negli altri paesi si andava nei prati circostanti le mura urbiche. Poi veniva il 1° Maggio con uova sode, fava, formaggio e porchetta e le ottobrate, ossia le tradizionali passeggiate campestri nel mese di ottobre.

Marino è sicuramente un nome buffo per un cantiniere di Appignano, anche se un blasone popolare parla di un non meglio identificato porto. Noi preferivamo chiamarlo quercia, perché era un uomo robusto che ci faceva assaggiare i vini che sapeva centellinare da enormi botti secolari, costruite in opera. In quella cantina buia della fattoria Lucangeli, Marino c’era cresciuto e piano piano era diventato prima il vergaro capo dei Rangoni, poi il cantiniere del conte Giovanni Lucangeli. Questa cantina era meravigliosa: c’era una fila continua di persone che arrivavano con recipienti di vario genere e, dopo averli lavati con un’apposita lavatrice, riempivano i recipienti soprattutto di Bianco dei colli maceratesi.

Dopo aver travasato il vino e carreggiatolo fino all’ingresso, Marino faceva la bolla di accompagno e, dopo aver maneggiato la vecchia calcolatrice Olivetti, rilasciava regolare ricevuta. Il marchese Luzi era molto rispettoso della tradizione e devoto di s. Martino, cosicché ogni 11 novembre caricava i salariati agricoli nella Uaz, una economica jeep Russa e, dopo aver acquistato qualche etto di sardelle da Anna, l’ostessa dello spaccio della Cimarella, arrivava da Marino per il bicchiere di vino nuovo, accompagnandolo con la sardella che dissalava sbattendola contro il tacco dell’anfibio.

Da anni la cantina, seguendo le mode dei tempi, è cambiata completamente: l’empirico cantiniere Marino ha lasciato il posto all’enologo, le vecchie botti sono state sostituite con moderne barrique, le damigiane sono state surrogate da bottiglie bordolesi con la bella etichetta “Villa Forano”. Il vecchio marchese di Votalarca ha appeso da tempo gli anfibi al chiodo e qualche volta tira fuori lo spartano fuoristrada dalla rimessa, per farci un giro nella tenuta s. Maria in Piana, quella seminata a pannelli solari, in luogo dei ridenti girasoli, insieme al nipotino al quale racconta del rito della sardella e di quel vino spillato dalla botte di quercia, da quella cerqua di Marino...







Questo è un comunicato stampa pubblicato il 29-04-2009 alle 17:38 sul giornale del 29 aprile 2009 - 1255 letture

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